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La legge sul biotestamento è in pericolo: l'ultimo emendamento è una minaccia

A giudicare da quanto emerso con la proposta dell'ultimo emendamento, il 9.0.38 al DDL di conversione del dl Semplificazioni, la Legge sul biotestamento, la 219/2017, sembra essere decisamente a rischio e potrebbe compromettersi rendendo veramente difficile, se non impossibile, la fruizione da parte degli interessati. Infatti, si pretenderebbe che le proprie dichiarazioni anticipate di trattamento possano essere depositate solo nel Comune di nascita. In altre parole se una persona vive e lavora a Trieste, ma è nata a Gela, dovrà fare un viaggio di oltre 1.000 km per recarsi all’ufficio competente.

Un ostacolo che si aggiunge all'assenza, già denunciata, di un registro in grado di raccogliere le DAT (Disposizioni Anticipate di Trattamento) sul territorio nazionale per metterle a disposizione della consultazione dei medici all'interno degli ospedali italiani.

La stessa relatrice della Legge sulle DAT Donata Lenzi dichiara come in questo modo "si affossa una norma di civiltà: chi vorrà affrontare un viaggio per andare a consegnare le sue ultime volontà? E quelle già consegnate saranno valide?", mentre i radicali, chiedendo l'intervento del Ministro della Salute, parlano già di sabotaggio.

"Abbiamo lottato anni per avere una legge sul fine vita, e ora il governo la affossa. Volutamente. Hanno presentato un emendamento che la renderà praticamente inutile, inattuabile: spostano i registri del biotestamento dal Comune di residenza a quello di nascita. E hanno il coraggio di chiamarla semplificazione" continua la stessa Lenzi dopo che lo scorso 24 gennaio alcuni parlamentari del M5S, primo fra tutti il capogruppo a Palazzo Madama Stefano Patuanelli, hanno presentato in Commissioni Affari Costituzionali una proposta di modifica della Legge.

Secondo tale modifica d'ora in poi le DAT potranno essere depositate nel solo Comune di nascita per essere convalidate, mentre quelle a oggi già presentate andranno re-indirizzate dal Comune di residenza a quello di nascita, il tutto entro un solo mese dall'entrata in vigore del Decreto[2].

Un percorso burocratico di questa portata potrebbe portare a un vero e proprio caos amministrativo.

E' paradossale, "ogni giorno negli ospedali, negli hospice, anche a casa, migliaia di Max [Fanelli], di Piergiorgio [Welby], di Eluana [Englaro] affrontano con indescrivibile sofferenza malattie inguaribili e vorrebbero poter decidere, secondo regole chiare e senza ricorrere a sotterfugi, quali terapie accettare e quando fermare quelle cure che ritengono sproporzionate se un giorno non potranno più farlo direttamente", come mi era capitato di scrivere in un articolo del 2017 uscito su L'Espresso[3]. Una decisione che sarebbe tremendamente compromessa dall'inserimento di questo cavillo burocratico.

L'Associazione Coscioni, da sempre in prima linea nei confronti della libertà di scelta, con una nota rivolta "a tutti i parlamentari che ancora credono nella tutela del diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona"[4], riporta serafica come "questa proposta snatura la legge sul biotestamento e ne impedisce l'applicazione.  Viene anche ritardata la creazione della banca nazionale delle Dat, con il nuovo termine in giugno 2019.

Mario Riccio, membro della Consulta Bioetica, nonché primario di anestesia a Mantova, il medico che aiutò Piergiorgio Welby ad interrompere ogni terapia, promette di rispettare "i principi del Testamento Biologico, della giurisprudenza e della nostra Costituzione. Rispetterò le volontà dei pazienti contenute in qualsiasi documento che riterrò essere formalmente valido al di là del suo deposito presso un ufficio di stato civile. Sono convinto che tanti medici saranno con me in questa azione contro il sabotaggio di diritti duramente conquistati".

Ritengo che Mario Riccio abbia ragione: non possiamo permetterci di fare dei passi indietro proprio quando alcuni diritti civili, come la scelta delle terapie a cui essere sottoposti e quelle a cui si vuole rinunciare, sembrano essere finalmente stati conquistati.

Ignazio Marino