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Un’emergenza senza respiratori ma pronti in caso di guerra: le paradossali priorità dell’Italia

A causa della pandemia, che ci vede tutti coinvolti e uniti verso la comune ricerca di una soluzione, è cresciuta l’attenzione relativa agli investimenti sulla salute e sul Servizio Sanitario Nazionale.

È stata anche l’occasione di ribadire e sottolineare temi che alcuni, come me, cercano di sollevare da diversi anni: l’incredibile sproporzione tra ciò che lo Stato ritiene giusto spendere per la Difesa e per gli armamenti e quello che concede alla sanità. Tra l’altro, con una Costituzione che all’articolo 11 ripudia la guerra e all’articolo 32 stabilisce il diritto alle cure per tutti. Abbiamo il dovere di esaminare le priorità del Paese e delle persone, e dobbiamo avere la coerenza di fondare le nostre decisioni di bilancio sui principi della nostra Costituzione.

Personalmente provo sofferenza e disagio nel leggere gli ultimi dati registrati dalla Fondazione GIMBE Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze – che da un lato rivelano per la spesa sanitaria di quest’anno una contrazione sul PIL dello 0,5% e dall’altro attestano come per quella militare la tendenza sia opposta, arrivata ormai ad occupare stabilmente l’1,40% del prodotto interno lordo nazionale. Anche l’Osservatorio Mil€x condivide gli stessi risultati[1], confermando come nel 2019 siano stati investiti in Difesa circa 25 miliardi di euro (che quest’anno sono diventati 26), comprendendo in essi sia gli importi per le missioni all’estero (1,3 miliardi annui) sia quelli per il procurement militare, ossia gli acquisti di armamenti, tra i quali vi sono 6 miliardi per le fregate FREMM e altre esigenze della marina militare, soldi per bombe e missili e 15 miliardi per l’acquisto degli F-35. Ma la lista non è finita: approfondendo l’analisi notiamo come a questa spesa si aggiungono anche 7 miliardi di euro sbloccati dalla Difesa e dal MISE per i mezzi blindati e per gli accordi siglati con Leonardo.

Tantissimi soldi, soprattutto se consideriamo che nello stesso periodo il settore sanitario assisteva a una riduzione di oltre 43.000 risorse umane con una riduzione dei finanziamenti per la salute di oltre 37 miliardi di euro in 10 anni. È sufficiente un dato del quale i telegiornali ogni giorno, negli ultimi due mesi, hanno sottolineato l’importanza: la carenza dei posti letto. A causa dei tagli alla sanità l’Italia è scesa molto al di sotto della media europea di posti letto ogni 1.000 abitanti (3,2 a fronte di una media europea di 5).

In tutto questo siamo incredibilmente sempre più legati ad accordi internazionali, come dimostra una recente dichiarazione del Presidente USA Donald Trump che imponeva ai Paesi membri della Nato di spendere ogni anno non meno del 2% del loro PIL in armamenti. Per l’Italia significa aumentare ulteriormente di circa 10 miliardi di euro l’anno le spese militari.

Per dare un’immagine chiara delle proporzioni dei due diversi investimenti, basti pensare che in questa inedita e storica situazione di emergenza sanitaria il Governo italiano si è sforzato di mettere in campo 25 miliardi di euro attraverso il decreto Cura Italia. Questa stessa cifra è il corrispettivo di ogni anno di Bilancio della Difesa[2].

Addentrandoci ancora di più nel documento dell’Osservatorio Mil€x, che basandosi sulla definizione di spesa militare fornita dall’istituto di ricerca SIPRI di Stoccolma, afferma che si registra un “fortissimo aumento di oltre 1,5 miliardi di euro pari ad oltre il 6% in più su base annua, sia per la crescita diretta del bilancio proprio del Ministero della Difesa sia per il mantenimento di alti livelli di spesa di natura militare anche su altri Dicasteri”. Approfondendo tale report, “continua ad essere in crescita la quota di investimento per nuovi sistemi d’arma proveniente dal Ministero per lo Sviluppo Economico (ormai arrivata a quasi tre miliardi) ma è soprattutto la decisa risalita degli investimenti per armi allocati sul bilancio della Difesa (circa 2,8 miliardi con un +40% rispetto al 2019) a portare i fondi a disposizione per acquisti di nuove armi ad un livello forse record di quasi 6 miliardi”[3].

Alla luce di tutte queste cifre è utile sottolineare quanto dichiarato dalle due associazioni sopracitate, che auspicano per l’Italia l’attuazione di una “conversione dal militare al civilein quanto per “nessun Governo nell’ultimo decennio la sanità ha mai rappresentato una priorità politica”. È estremamente frustrante, infatti, constatare come ogni volta che l’economia si trovi in una situazione di stagnazione “la sanità si trasforma inesorabilmente in un ‘bancomat’ mentre in caso di crescita economica i benefici per il SSN non sono proporzionali, rendendo di fatto impossibile il rilancio del finanziamento pubblico[4].

Fatti che disorientano. Con amarezza viene da scrivere che non avevamo, quando erano indispensabili, respiratori e posti letto per tutti gli ammalati, ma abbiamo sempre avuto in tutto questo frangente la certezza che grazie agli F-35 saremmo stati in grado di bombardare qualunque luogo nel raggio di 1.000 km dall’Italia.

Una riflessione per il Parlamento e per un Governo sostenuto da forze politiche che a parole aborrono la guerra e gli armamenti, come dimostrava la volontà dello stesso Beppe Grillo che sul suo blog, prima dell’ascesa del M5S a Palazzo Chigi, annunciava un imminente taglio di 10 miliardi alle spese militari[5], o come l’allora Ministro Trenta che addirittura dichiarava a nome di tutto il Movimento “non compreremo nuovi caccia e, alla luce dei contratti in essere già siglati dal precedente esecutivo, stiamo portando avanti un’attenta valutazione che tenga esclusivamente conto dell’interesse nazionale"[6], ma che poi nei fatti confermano e, se possibile, addirittura incrementano quello che a parere mio e di molti altri è nient’altro che una scelta sbagliata. E l’attuale Ministro della Difesa ha confermato l’impegno economico per gli F-35: affermando, anche durante la pandemia in atto, che sia un errore contrapporre gli investimenti della Difesa a quelli della Salute. Personalmente, sono convinto che se si potessero esprimere i cittadini italiani non condividerebbero questa visione e preferirebbero investire in strumenti per proteggere la salute piuttosto che in cacciabombardieri.

Ignazio Marino

[4] vedi nota 2