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L'importanza della promozione della cultura scientifica fin dall'infanzia

Ancora oggi, purtroppo, non si comprende pienamente l'importanza della promozione della cultura scientifica fin dall'infanzia. In una società che si ostina a far giocare le bambine soprattutto con le bambole, lasciando quasi solo ai maschietti le attività che sviluppano la logica e il pensiero matematico, non è un caso che la scienza per molti sia ancora un tabù.

 

Anche nei Paesi con economie più evolute, come il nostro, in cui apparentemente tutti possono fare tutto, nelle scuole c’è ancora molto pregiudizio nei confronti delle materie scientifiche e le donne vengono tuttora incoraggiate a proseguire gli studi nelle discipline umanistiche.

 

Nella storia del pensiero scientifico occidentale le scienziate non sono state molte. Secondo una visione del tutto maschile, la razionalità ha sempre battuto l’intuito. Le più famose, Rita Levi Montalcini, Marie Curie, Rosalind Franklin, sono solo alcune delle tante donne dalla fervida immaginazione e tenace volontà che hanno dovuto lottare per poter portare avanti le loro ricerche, la maggior parte della quali è ancora oggi un contributo significativo al sapere scientifico.

 

Secondo l’ultimo Rapporto PISA-OCSE (acronimo di Program for International Student Assessment), che studia le capacità nelle discipline scientifiche e nella comprensione dei testi di studenti di 15 anni di tutto il mondo, nel 2015 l’Italia registra un forte gender gap nelle Scienze. (Fonte: Rapporto PISA-OCSE 2015)

 

Quello della disparità di genere è solo uno dei tanti impedimenti culturali che ostacolano un’equa e globale diffusione della conoscenza scientifica.

 

Dal Rapporto PISA-OCSE 2015 l’Italia, con un punteggio medio di 481, si colloca, in maniera statisticamente significativa, al di sotto della media OCSE (493 punti nel 2015). Quali possono essere le ragioni di questo scarso risultato del nostro Paese?

 

Gli atteggiamenti e le credenze delle persone giocano un ruolo importante negli interessi, nell’attenzione e nella risposta alla scienza e alla tecnologia. La risposta di uno studente a una problematica scientifica richiede di più che il possesso di conoscenze e competenze; essa dipende anche da come lo studente sia in grado e motivato a impegnarsi rispetto alla problematica stessa. (Fonte: Rapporto PISA-OCSE 2015)

 

É evidente come in Italia ci sia da sempre un “blocco” nei confronti delle materie scientifiche: un atteggiamento negativo di avversione che porta a percepire le discipline scientifiche come aride e difficili. Questa è una percezione che viene soprattutto dagli adulti e che, di conseguenza, viene trasmessa ai più giovani, influenzandoli negativamente. I bambini sono invece molto incuriositi dalle materie scientifiche, soprattutto se le si presenta loro sotto forma di esperimenti e giochi.

 

Molte sono le ragioni per cui la scienza e la cultura scientifica oggi devono essere il più possibile comprese e divulgate.

 

Ci sono ragioni di ordine globale. Le problematiche politiche ed etiche che riguardano la scienza e la tecnologia potranno essere affrontate solo se i giovani acquisiranno una certa conoscenza scientifica. Questo non vuol dire che tutti dovranno diventare esperti nelle materie scientifiche, ma sarà senz’altro necessario che il maggior numero possibile di persone abbia le capacità di base per compiere scelte consapevoli, capire che dalle loro azioni dipendono l’equilibrio dell’ecosistema, la salute e la sopravvivenza del pianeta e delle generazioni future, e che comprendano le implicazioni sociali del dibattito scientifico tra esperti.

 

I Governi del mondo dovranno lavorare affinché sia diffusa questo tipo di competenza scientifica, definita da PISA-OCSE come “science literacy”: l’abilità di interessarsi a questioni riguardanti la scienza e la tecnologia e il possedere un pensiero scientifico tale da essere un cittadino consapevole. Una persona competente dal punto di vista scientifico è disposta a impegnarsi in argomentazioni riguardanti la scienza e la tecnologia che richiedono la capacità di spiegare i fenomeni, di valutare e progettare una ricerca scientifica, di interpretare dati e prove scientificamente. (Fonte: Rapporto PISA-OCSE 2015)

 

Ci sono poi ragioni umanistiche, che rientrano nella sfera delle libertà individuali.

La cultura scientifica è importante perché rende il cittadino consapevole di se stesso, della realtà del proprio corpo e della natura. È questa consapevolezza che determina la curiosità di rivolgere lo sguardo agli altri e al mondo con apertura mentale e spirito critico.

 

La scienza ci rende liberi perché il modo, tipico del metodo scientifico, di osservare la realtà ci spinge a guardare il mondo con uno sguardo critico, a porci delle domande, a essere sempre curiosi, a trovare soluzioni ai problemi, sperimentarle e analizzare quello che si è fatto. In altre parole, ad avere coscienza di ciò che non va e guardare oltre a ciò che è dato per scontato.

 

Questo è importante per tutti, a tutte le latitudini, ma ancora di più per le popolazioni dei Paesi a basso indice di sviluppo, che devono avere la possibilità conoscere e modificare la propria realtà. Studio e formazione sono la chiave per la crescita reale di un paese.

 

Recentemente ho avuto il piacere di conoscere un gruppo giovani scienziati italiani, con esperienza nella divulgazione scientifica e nel volontariato, che ha da poco intrapreso un progetto di insegnamento delle scienze in Africa.

 

Seedscience è un progetto che mira a formare insegnanti di scienze in Paesi a basso indice di sviluppo (Ghana, Kenya, Tanzania e Uganda) con l’obiettivo di fornire loro metodo e materiali per trasmettere ai propri studenti logica e pensiero scientifico attraverso esperimenti a basso costo.

 

In Africa, la maggior parte delle scuole sono molto piccole e poco attrezzate. Nelle classi i ragazzi hanno diversi livelli di competenza e gli insegnanti non sono specializzati perché insegnano più materie. Collaborando con le associazioni no profit dei vari Paesi, Seedscience porterà nelle scuole un kit per esperimenti e un programma per insegnarli. L’idea è rendere gli insegnanti autonomi nella costruzione di kit di esperimenti e far sì che trasmettano lo stesso metodo di insegnamento ad altri insegnanti.

 

Seedscience rappresenta bene l’importanza e l’efficacia di metodi innovativi e dell’esperimento nell’insegnamento delle materie scientifiche e di come questo possa generare un empowerment grazie alla conoscenza e al pensiero scientifico.

 

Nella nostra società, che ci sembra molto avanzata, ancora oggi capita di essere vittime della propria non-conoscenza. Ancora esistono pregiudizi e resistenze verso un certo tipo di sapere, quello scientifico, che è invece importantissimo per comprendere l’attualità.

 

In questi ultimi anni si assiste a un calo della considerazione e della fiducia che si dà alla scienza (vedi il dibattito sui vaccini, per esempio), anche se le istituzioni ritengono che la conoscenza diffusa delle materie scientifiche sia un obiettivo chiave del futuro. Cosa ha creato questo distacco tra scienza e opinione comune? 

 

Oltre che di un fenomeno sociale che ha radici complesse, si tratta credo di un problema di comunicazione. Spesso non si comunica bene perché non si comprende che il target a cui ci si rivolge ha un background diverso. La mancanza di una comunicazione scientifica adeguata può alimentare la mancata comprensione di certe dinamiche e la ricerca di spiegazioni alternative, non sempre corrette.

 

In Italia mi sembra che ci sia un crescente interesse dei giovani scienziati per la divulgazione scientifica, legato anche dalla necessità di trovare strade alternative alla ricerca. Quando un bravo divulgatore incontra l’interesse e la curiosità dei bambini, e un’entità esperta che supporti il progetto, questo genera grandi soddisfazioni, per bambini e scienziati.

 

L’insegnamento della scienza prende in prestito i metodi della divulgazione e la divulgazione può trovare nell’insegnamento ai bambini la cartina tornasole dell’efficacia della comunicazione.

 

Per concludere, prendo in prestito le parole dei miei giovani interlocutori di Seedscience:

«Per una buona divulgazione scientifica è importante sempre tenere conto del pubblico a cui ci sta rivolgendo e adattare di conseguenza il proprio modo di comunicare. È necessario esprimere i concetti in maniera semplice, sintetica, possibilmente divertente, mantenendo il rigore scientifico. Passare dalla teoria alla pratica è il primo passo necessario. Mostrare ai ragazzi, e in generale a un pubblico più vasto, principi, leggi e formule come applicazioni reali. Mettere davanti ai loro occhi la teoria attraverso esperimenti pratici e divertenti, che possibilmente riguardino e siano direttamente correlabili a situazioni quotidiane».

 

Ringrazio Valentina Minieri e Michele Raggio del progetto Seedscience per il prezioso confronto che abbiamo avuto su questi temi.

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