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I trapianti danno nuova vita... ai nuovi trapianti!

Grazie al lavoro di networking, alla solidità della ricerca e al costante avanzamento tecnologico il Policlinico di S. Orsola a Bologna ha raggiunto lo scorso anno il suo record di trapianti, tagliando il traguardo dei 120 interventi (+23% rispetto al 2018) e superando di gran lunga il precedente primato che era di 109 operazioni eseguite (nel 2015).

Un dato interessantissimo, degno di ulteriori complimenti, riguarda la percentuale dei trapianti di rene eseguiti grazie alla generosità di donatori viventi, più del 20% del totale: un dato che supera di ben 5 punti la media nazionale ferma al 15%.

Questa soluzione rappresenta infatti la migliore possibile, in quanto permette ai pazienti di ricevere un organo in condizioni ottimali e senza la lunga attesa di un rene proveniente da una persona deceduta. Inoltre, un rene proveniente da un donatore vivente ha molte più probabilità di funzionare bene e molto a lungo.

I ringraziamenti per questo risultato si devono sicuramente anche al team del reparto di Nefrologia, che si è dimostrato capace di salvaguardare la salute del donatore (non si è registrato nessun caso di alterazione della funzione renale dopo la donazione di uno dei due reni) e hanno così incentivato altre coppie di donatori e riceventi a questo intervento.

Se paragonato sia al resto d’Europa che ai centri statunitensi il S. Orsola di Bologna si conferma come una delle eccellenze in questo settore, con il 98% degli organi trapiantati che mantengono una buona funzionalità ad un anno dall’intervento e il 95% a 5 anni di distanza.

La buona riuscita di un intervento dipende da numerosi fattori, per ognuno dei quali è necessaria grande esperienza. Tra questi è fondamentale l’impiego corretto dei farmaci immunosoppressori, che prevengono il rigetto dell’organo. Oggi il progresso farmacologico è tale da poter personalizzare le cure per ogni paziente attraverso un’attenta stima dello specifico grado di immunodepressione, riducendo in questo modo effetti collaterali e complicazioni.

Da quando è stato eseguito il primo trapianto renale nel mondo (tra due fratelli gemelli, a Boston, nel 1954) si sono fatti enormi passi avanti anche nel nostro Paese, che ha visto il suo primo intervento al Policlinico Umberto I di Roma eseguito nel 1966 da Paride Stefanini, seguito pochi giorni dopo proprio dal Policlinico S. Orsola di Bologna grazie alla leadership di Aldo Martelli e Alberto Reggiani. Da quel giorno, a Bologna sono stati eseguiti oltre 3000 trapianti fino a raggiungere il record di cui ho scritto sopra proprio nello scorso anno sotto la direzione del Prof. Gaetano La Manna[1].

Tra i numerosi trapianti eseguiti ne vorrei ricordare uno in particolare, che riguarda il chirurgo Matteo Ravaioli come artefice e un ortopedico dell’Istituto Rizzoli, Stefano Bandiera, come paziente. Si è riusciti, infatti, a trapiantare su quest’ultimo il rene del padre ottantenne, dopo che lo stesso era stato curato per una precedente epatite C.

Come ha spiegato lo stesso Matteo Ravaioli, infatti, ci troviamo di fronte a quello che finora è un unicum, “un caso inedito, il primo in Italia, e il ricevente non ha sviluppato l’infezione virale”. Ha giustamente sottolineato lo stesso chirurgo che stiamo parlando di “un’operazione impensabile fino a qualche anno fa e oggi resa possibile dai nuovi farmaci che curano l’epatite C e dal lavorare in un’equipe di professionisti”. L’obiettivo è quello di sperimentare “il trapianto di un rene malato per poi curare l’epatite C in chi lo riceve”, così come già avviene all’estero.

La curiosità è che poco tempo fa i due protagonisti dell’operazione si sono incontrati nuovamente in sala operatoria ove entrambi continuano a lavorare. Questo indica come un trapianto restituisce la pienezza di vita al paziente, in questo caso un chirurgo che è potuto tornare alla propria professione.

Concluderei con le parole del Prof. La Manna, direttore della Nefrologia Universitaria, che ha affermato come ci sia stato tra il quadriennio 2016-2019 e quello precedente un incremento del 42% dei trapianti di rene eseguiti grazie a un donatore vivente. Se questo non bastasse, “da quest’anno ci sarà il programma Dialisi Zero, che punta ad incrementare i trapianti aumentando i donatori[2].

Ignazio Marino