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Trapianti d’organi: una fotografia della situazione italiana

Con più di 9mila trapianti eseguiti dal 1990 a oggi, il Piemonte continua a confermarsi la Regione leader in Italia (per la quale la Città della Salute di Torino ne rappresenta il centro più attivo), anche se il 2019 con le sue 435 operazioni ha registrato un leggero calo nei confronti dell’anno precedente dove, invece, ne erano state praticate 468. Tra questi sono stati 232 quelli di rene, 148 di fegato, 25 di cuore, 23 di polmone e 6 di pancreas.

Allo stesso modo si registra un aumento qualitativo per ciò che concerne i risultati clinici dei trapianti combinati e di quelli da donatore vivente, fattori che hanno permesso un aumento dell’aspettativa di vita a cinque anni dagli interventi[1].

Il centro torinese lo scorso anno ha ospitato 8 trapianti combinati di rene e fegato, 4 di rene e pancreas, uno di fegato e pancreas, uno di cuore e polmoni e addirittura uno combinato di fegato, polmoni e pancreas[2]. In Piemonte si registra anche un’alta percentuale di donazioni (137 nel 2019), “il terzo miglior risultato degli ultimi 10 anni”, un traguardo dovuto soprattutto alla netta diminuzione di chi, tra i familiari della persona deceduta, si oppone alla donazione degli organi. Ma dobbiamo anche ricordare il fatto che in Piemonte ben 976 Comuni della Regione[3] offrono la possibilità ai residenti di esprimere la propria volontà in relazione alla donazione degli organi dopo la morte. Un tema che non deve essere sottovalutato e, personalmente, sono orgoglioso di aver introdotto questa possibilità all’Anagrafe di Roma dove oggi ogni cittadino può esprimere le proprie indicazioni al momento del rinnovo della carta di identità.

Questa maggiore disponibilità degli Italiani nei confronti delle donazioni si evince anche da un recente fatto di cronaca. Nell’ospedale San Marco di Catania è stato realizzato il primo prelievo multiorgano su un paziente di 75 anni deceduto nel reparto di rianimazione in seguito ad un sanguinamento intracranico. “Spero che il nostro gesto serva per sensibilizzare la gente a donare”, è stato il commento di uno dei figli del donatore, che ha visto destinare il fegato prelevato dai medici dell’Ismett di Palermo ad un paziente di una struttura in Lombardia, mentre le cornee sono state destinate alla banca degli organi di Catania[4]. Tutto questo si è reso possibile grazie al lavoro sinergico di diverse figure, prima su tutte il Dott. Alessandro Conti, referente per il San Marco del Coordinamento locale dei trapianti dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Catania, che si è occupato di parlare con i familiari e di coinvolgere la Direzione Medica di Presidio e tutti gli specialisti[5].

Un altro dato positivo ci viene dalla Sardegna, una Regione che ha registrato una crescita delle segnalazioni dei donatori addirittura del 30%, passando da 70 nel 2018 a 92 nello scorso anno, e attestandosi al quarto posto di questa importante classifica della generosità italiana. La Sardegna ha anche ottimi risultati per quanto riguarda l’attesa per un organo dei pazienti, con una media di 63 giorni per ciò che riguarda il trapianto di fegato (a fronte dei 150 giorni di media nazionale), 85 giorni per il cuore (360 di media in Italia), 240 per il rene (750, in questo caso, la media nazionale)[6].

Numeri che hanno spinto l’assessore alla Sanità Mario Nieddu, in occasione del report su donazioni e trapianti del 2019 enunciato alla fine di gennaio 2020 a Cagliari assieme al coordinatore del Centro regionale trapianti, Lorenzo D’Antonio, a dichiarare come “l’attività di donazione e trapianti ha registrato nel 2019 numeri positivi sul nostro territorio, con una considerevole inversione di tendenza rispetto all’anno precedente. Un aspetto che testimonia il grande potenziale di un ambito che in Sardegna esprime eccellenze e grandi professionalità”.

Ovviamente uno dei fattori più importanti è quello dell’informazione da parte delle Istituzioni che non deve essere occasionale o episodica.

Un impegno, questo, che Il Centro Regionale Trapianti della Sardegna ha assunto con particolare vigore: sono infatti stati realizzati diversi incontri che, a partire dalla facoltà di Scienze infermieristiche dell’Università di Cagliari, dall’Ordine delle Professioni infermieristiche di Cagliari e dal personale dell’Anagrafe dei Comuni della Sardegna, hanno coinvolto gli studenti delle scuole superiori e le Forze Armate, con l’obiettivo di divulgare la cultura della donazione mediante il progetto chiamato Una scelta in Comune[7].

Un’altra Regione particolarmente virtuosa sul tema si conferma essere il Friuli-Venezia Giulia, come ha dichiarato anche il vicepresidente con delega alla Salute Riccardo Riccardi in occasione della Giornata della Riconoscenza, organizzata a Udine dall’Ado Fvg e rivolta alle 272 famiglie provenienti da tutta la regione che nel 2018 hanno scelto di donare gli organi di un loro congiunto”. Durante l’incontro è stato dichiarato un incremento del 10% dei trapianti di organo. Dal 1999, anno in cui è nato il Centro di Coordinamento Regionale, si sono contati ben 2.381 trapianti e un’impennata dalle 700 alle attuali 1.700 donazioni annue. E se fa ovviamente piacere ascoltare da Riccardi che “il 97 per cento dei Comuni è abilitato a recepire la dichiarazione di volontà del donatore al momento del rinnovo della carta di identità, un'adesione che ha portato da 48mila a 103mila le persone disponibili a donare”, però, le parole che ho più apprezzato riguardano la sua esortazione ad una “cultura della gratitudine, che va recuperata assieme al tema estremamente attuale della riconoscenza”.

Non c'è valore più alto che questa società possa esprimere nella capacità di donare ad altri la vita nel momento in cui si sta perdendo quella di chi ci è più caro al mondo”, sono tutte parole che sottoscrivo[8].

Bisogna ribadire l’importanza di questa consapevolezza, che dovrà sicuramente passare attraverso la volontà delle istituzioni nell’organizzare frequenti campagne di informazione arrivando a coinvolgere un numero sempre più grande di cittadini e che non potrà esimersi da una revisione degli squilibri tuttora presenti sul territorio nazionale.

Come ha spiegato il Direttore del Centro Nazionale Trapianti, Massimo Cardillo, in un’intervista di qualche tempo fa all’Avvenire, infatti, “i tassi di donazione sono soddisfacenti in alcune regioni ma non in tutte: c'è ancora divario tra le regioni del Nord e quelle del Sud, che va colmato. Bisogna incardinare la donazione all'interno dei percorsi consolidati dell'ospedale: la segnalazione di un potenziale donatore non deve essere legata soltanto alla buona volontà dei professionisti ma seguire procedure consolidate e strutturate. Esistono figure di riferimento per la donazione, sia negli ospedali sia nei coordinamenti regionali, ma spesso queste strutture non sono messe in grado di operare con risorse adeguate". Uno strumento che potrà rivelarsi utile, dunque, sarà il Piano Nazionale per le Donazioni che mi auguro venga inserito il prima possibile all’interno del rinnovato Patto per la salute[9].

Ignazio Marino


[3] Vedi nota 1