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In assenza di vaccini ritornano i contagi, le zone povere sempre più a rischio

La pandemia da COVID-19 non si limita a minacciare la vita dei pazienti che contraggono il virus, o l’economia dei vari Paesi costretti ad attuare misure stringenti per arginare i contagi, ma colpisce particolarmente le fasce sociali più deboli.

Una di queste ripercussioni, forse la più pericolosa, è sicuramente la sospensione delle campagne di vaccinazione che venivano attuate con regolarità prima del propagarsi della pandemia. Come ci conferma il New York Times è passato pochissimo tempo, infatti, e già assistiamo a un aumento dei casi di morbillo e poliomielite.

Chiusura dei laboratori, interruzione della catena di distribuzione dei farmaci e riduzione dei richiami sono stati tutti fattori che hanno diminuito l’efficacia di questo indispensabile strumento di prevenzione sanitaria. Le conseguenze di tutto ciò si sono tradotte, purtroppo, in “un incremento delle infezioni di colera in Cameron, Mozambico, Bangladesh, Yemen e Sud Sudan; la nascita di focolai di difterite in Nepal, Pakistan e Bangladesh e la diffusione di un ceppo mutato del virus della poliomielite in decine di Paesi, mentre in Congo è emerso un nuovo focolaio di Ebola” e in Europa sono tornati a crescere i casi di morbillo[1].

A sottolineare la gravità della situazione ci ha pensato anche il presidente di Medici Senza Frontiere in Africa Centrale Chibuzo Okonta, che ha affermato come ci sia un alto rischio che “un’epidemia in pochi paesi uccida più bambini del Covid-19, dal momento che su 29 Stati che hanno sospeso le campagne di vaccini a causa della pandemia sono stati addirittura 18 quelli in cui si sono registrati dei focolai epidemici. Un esempio? In Pakistan e Afghanistan si sono registrati 61 casi di poliovirus di tipo 1, mentre in Ciad, Ghana e Etiopia è comparso il poliovirus di tipo 2.

Alcuni paesi si stanno adesso attrezzando per fronteggiare questa nuova emergenza, come l’Uganda, che ha dotato gli operatori sanitari di motociclette per distribuire i farmaci, e il Brasile, che invece ha offerto vaccinazioni mediante l’impiego di auto. Tuttavia, la situazione è così grave da essere ben fotografata dall’allarme internazionale di GAVI (Global Polio Eradication Initiative), che ha fatto una stima per la quale “se la pandemia finisse entro 3 mesi [ci si potrebbe rimettere] al passo con le vaccinazioni entro un anno e mezzo[2]. È evidente che ci troviamo di fronte ad un altro enorme problema di carattere sanitario[3].

Fanno sicuramente riflettere anche le parole di Seth Berkley, direttore di GAVI, che ammonisce tutti sul fatto che “se trascuriamo le catene di approvvigionamento e le infrastrutture di immunizzazione, rischiamo anche di ostacolare la nostra capacità di far arrivare i vaccini (quando saranno disponibili, n.d.r.) per il COVID-19, che rappresentano la nostra migliore speranza di sconfiggere questa pandemia, quando saranno pronti[4].

Cercando di quantificare i numeri di questa nuova emergenza, il lavoro combinato dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dell’UNICEF, di GAVI e del Sabin Vaccine Institute ha rilevato che al momento ci sono 80 milioni di bambini sotto il primo anno di vita esposti a malattie infettive gravi come quelle citate, e che il problema riguarda in maniera sostanziale 68 Paesi del mondo (il 53% di quelli che hanno reso disponibili i dati)[5].

Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’OMS, ha recentemente ribadito che proprio perché “l’immunizzazione è uno dei più potenti e fondamentali strumenti di prevenzione delle malattie nella storia della salute pubblica, [...] il COVID-19 minaccia di compromettere i servizi di immunizzazione in tutto il mondo, ciò significa che decine di milioni di bambini, che vivono in paesi sia ricchi sia poveri, sono a rischio di malattie come la difterite, il morbillo e la polmonite[6].

È stata poi l’UNICEF a rilevare che, oltre ai problemi logistici interni ai singoli Paesi, c’è stato anche un “importante ritardo nella consegna di vaccini a causa delle misure di lockdown e la conseguente riduzione di voli commerciali e la limitata disponibilità dei voli charters”. Tanto che la stessa GAVI ha ritenuto utile firmare un accordo con l’UNICEF per coprire finanziariamente i maggiori costi di trasporto dei farmaci[7].

Henrietta Fore, direttore esecutivo dell’UNICEF, ha saggiamente affermato che non possiamo lasciare che la lotta contro una malattia vada a scapito dei progressi a lungo termine nella lotta contro altre malattie, invitando quindi a riprendere il prima possibile le vaccinazioni per non creare altri focolai mortali[8].

I vaccini sono lo strumento più efficace per prevenire molte malattie in passato mortali, ma è sufficiente un piccolo passo indietro per annientare i progressi sanitari raggiunti con il lavoro di anni.

Ignazio Marino


[5] vedi nota 3

[7] vedi nota 3

[8] Vedi nota 6